Parlamento europeo approva nuova Direttiva Emissioni Industriali (IED)

1502
Parlamento europeo approva nuova Direttiva Emissioni Industriali (IED)

Il  Parlamento europeo in seduta plenaria ha approvato in via definitiva l’accordo raggiunto con gli Stati membri sulla revisione della Direttiva Emissioni Industriali (IED) con 393 voti favorevoli, 173 contrari e 49 astensioni.

Il provvedimento dovrà ora essere adottato anche dal Consiglio dei Ministri UE prima di poter entrare in applicazione.

Gli Stati membri avranno 22 mesi per conformarsi alla nuova Direttiva nella quale rientrano gli allevamenti di suini con più di 350 unità di bestiame (Lsu, livestock units). Sono escluse le aziende che allevano suini in modo estensivo o biologico e all’aperto per un periodo significativo di tempo nell’anno.

Per il pollame, si applica agli allevamenti con galline ovaiole con più di 300 UBA e agli allevamenti con polli da carne con più di 280 UBA. Per le aziende che allevano sia suini che pollame il limite sarà di 380 UBA.

La Commissione valuterà entro il 31 dicembre 2026 se intervenire anche sulle emissioni derivanti dall’allevamento di bovini (esclusi grazie all’accordo del Trilogo nel mese di novembre 2023) e su una eventuale clausola di reciprocità per garantire che i produttori al di fuori della UE soddisfino requisiti simili alle norme europee quando esportano verso l’Unione europea.

La direttiva sarà rivalutata ed eventualmente rivista nel 2028 (e successivamente ogni cinque anni) dalla Commissione europea. Questa valutazione deve tenere conto delle  tecniche emergenti e della necessità di ulteriori misure di prevenzione dell’inquinamento o di requisiti relativi ai limiti minimi di emissione a livello dell’Ue.

Sarà nostra cura fornire ulteriori informazioni non appena disponibili considerando l’assurdo appesantimento burocratico che dovranno subire le aziende di allevamento suino e pollame nel momento in cui dovranno conformarsi alle nuove disposizioni.

Ci permettiamo di dire che l’UE ha perso un’ottima occasione per mostrare nei fatti di aver invertito la rotta rispetto ad un estremismo green che penalizza l’agricoltura e l’allevamento in primis.