Pratiche commerciali scorrette – D.Lgs. 206/2005 – FAQ del Ministero delle Imprese e del Made in Italy

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Pratiche commerciali scorrette – D.Lgs. 206/2005 - FAQ del Ministero delle Imprese e del Made in Italy

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha pubblicato sul proprio sito internet le risposte alle domande più frequenti (FAQ) in materia di pratiche commerciali scorrette.

Per pratica commerciale si intende “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori” (art.18, comma 1, lett. d), codice del consumo).

La normativa di riferimento è inserita nel Codice del consumo (d. lgs. 206/2005) nel Titolo III della Parte II, articoli da 18 a 27-quater, e disciplina tutti quei casi in cui una pratica commerciale posta in essere da un professionista sia falsa o idonea a falsare il comportamento economico del consumatore medio in relazione ad un prodotto (bene mobile o immobile, servizio o servizio digitale, contenuto digitale, diritti ed obblighi).

Le pratiche commerciali scorrette si distinguono in pratiche ingannevoli e pratiche aggressive e si configurano quando il consumatore assume una decisione commerciale che non avrebbe preso se fosse stato libero da qualsiasi condizionamento.

Le prime consistono in una pratica commerciale che:

  • contiene informazioni false oppure, se vera, induce o è idonea ad indurre il consumatore medio in errore in relazione ad uno o più elementi (natura e caratteristiche principali del prodotto, prezzo o modalità con cui è calcolato, necessità di manutenzione ecc.) (art.21);
  • omette informazioni rilevanti ai fini della decisione consapevole del consumatore medio (art.22).

Le seconde, invece, sono caratterizzate dall’elemento delle molestie, della coercizione, del ricorso alla forza fisica che limitano o sono idonee a limitare la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio (art.24).

L’Autorità competente in materia è l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che interviene, d’ufficio o su istanza di parte, per impedire la continuazione delle pratiche commerciali scorrette, sanzionando il professionista che le ha poste in atto.

Le sanzioni amministrative possono essere le seguenti:

  • con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, da 5.000 euro a 10.000.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione;
  • da 10.000 a 10.000.000 euro in caso di inottemperanza ai provvedimenti d’urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti nei casi di reiterata inottemperanza, l’Autorità può disporre la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non superiore a trenta giorni;
  • per le infrazioni che interessano più di uno Stato membro dell’UE, l’importo massimo delle sanzioni è del 4 per cento del fatturato annuo del professionista.

L’Autorità può, altresì, chiedere al professionista di assumersi l’impegno di porre fine alla violazione relativa alla pratica commerciale scorretta e decidere di definire il procedimento, evitando l’imposizione della sanzione amministrativa, a patto che non si tratti di casi di manifesta scorrettezza e gravità (art.27, comma 7). Sulle decisioni dell’AGCM è competente a pronunciarsi il giudice amministrativo.

Di seguito si riportano integralmente le FAQ pubblicate sul sito del Ministero:

1.    Quale è la normativa italiana?

Le norme di riferimento sono gli articoli da 18 a 27-quater del Codice del consumo (d.lgs. 206/2005), collocati nel Titolo III della Parte II.

2.    Qual è il rapporto con altre disposizioni?

La disciplina sulle pratiche commerciali scorrette non pregiudica le norme:
–    in materia contrattuale;
–    in materia di salute e sicurezza dei prodotti;
–    in materia di competenza giurisdizionale;
–    norme specifiche in materia di professioni.
In caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni europee e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono e si applicano a tali aspetti specifici.

3.    Cosa sono le pratiche commerciali?

Per pratica commerciale si intende qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita fornitura di un prodotto ai consumatori (art. 18, comma 1, lett. d), cod. cons.).

4.    Chi è il consumatore?

È qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale (art. 18, comma 1, lett. a), cod. cons.).

5.    Chi è il professionista?

È qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista ((art. 18, comma 1, lett. b), cod. cons.).

6.    Cosa si intende per prodotto?

È qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i servizi digitali e il contenuto digitale, nonché i diritti e gli obblighi (art. 18, comma 1, lett. c), cod. cons.).

7.    Quando una pratica commerciale è scorretta e pertanto vietata?

Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori (art. 20 comma 1, cod. cons.).

8.    Che cos’è la diligenza professionale?

È il normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori si aspettano da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista (art. 18, comma 1, lett. h), cod. cons.).

9.    Quando una pratica commerciale è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori?

Quando è idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso (art. 18, comma 1, lett. e), cod. cons.).

10.    Che cos’è una decisione di natura commerciale?

È la decisione presa da un consumatore se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto; tale decisione può portare il consumatore a compiere un’azione o all’astenersi dal compierla (art. 18, comma 1, lett. m), cod. cons.).

11.    Quando si applica la normativa in tema di pratiche commerciali scorrette?

Si applica alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto, nonché alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e microimprese.

12.    Quali sono le pratiche commerciali vietate perché scorrette?

Le pratiche commerciali ingannevoli e le pratiche commerciali aggressive.

13.    Quali sono le pratiche commerciali ingannevoli?

Le pratiche commerciali ingannevoli si distinguono in: azioni ingannevoli e omissioni ingannevoli.

14.    Cosa sono le azioni ingannevoli?

È considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero, o seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più elementi indicati all’art. 21 e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Si possono ricordare gli aspetti relativi a:
–    natura e caratteristiche principali del prodotto;
–    prezzo o modalità con cui questo è calcolato;
–    esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo:
–    necessità di manutenzione;
–    diritti del consumatore.
È altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti, tra l’altro:
–    una attività di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione, ad esempio, con prodotti o marchi di un concorrente;
–    una attività di marketing che promuova un bene, in uno Stato membro dell’Unione europea, come identico a un bene commercializzato in altri Stati membri, mentre questo bene ha una composizione o caratteristiche significativamente diverse (c.d. dual quality).

È considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti potenzialmente pericolosi per la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza.
Inoltre, rientra tra le pratiche commerciali scorrette il caso di una banca (o di un istituto di credito o di un intermediario finanziario) che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca (o istituto o intermediario) o all’apertura di un conto corrente.

15.    Quali sono le omissioni ingannevoli?

È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Sono considerate rilevanti, tra le altre, le informazioni sui parametri che determinano la classificazione dei prodotti, se i consumatori possono cercare prodotti offerti da professionisti diversi o da altri consumatori sulla base di una ricerca sotto forma di parola chiave (art. 22).

  1. Quali sono le pratiche considerate sempre ingannevoli?Di seguito si indicano, a titolo esemplificativo, alcune delle pratiche considerate sempre ingannevoli (art. 23):
  • esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;
  • affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l’impressione che la vendita del prodotto è lecita;
  • presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell’offerta fatta dal professionista;
  • fornire risultati di ricerca in risposta a una ricerca online del consumatore senza che sia chiaramente indicato ogni eventuale annuncio pubblicitario a pagamento o pagamento specifico per ottenere una classificazione migliore dei prodotti all’interno di tali risultati;
  • affermare, contrariamente al vero, che il professionista è in procinto di cessare l’attività o traslocare;
  • affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni;
  • rivendere ai consumatori biglietti per eventi, se il professionista ha acquistato tali biglietti utilizzando strumenti automatizzati per eludere qualsiasi limite imposto riguardo al numero di biglietti che una persona può acquistare o qualsiasi altra norma applicabile all’acquisto di biglietti;
  • indicare che le recensioni di un prodotto sono inviate da consumatori che hanno effettivamente utilizzato o acquistato il prodotto senza adottare misure ragionevoli e proporzionate per verificare che le recensioni provengano da tali consumatori.
  1. Quali sono le pratiche commerciali aggressive?È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso (art. 24).18.    Quando vi è ricorso a molestie, coercizione o indebito condizionamento?

    Nel determinare se una pratica commerciale comporta, molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi (art. 25):
  1. i tempi, il luogo, la natura o la persistenza;
  2. il ricorso alla minaccia fisica o verbale;
  3. lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzare nella decisione relativa al prodotto;
  4. qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista;
  5. qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale ove tale azione sia manifestamente temeraria o infondata.
  1. Quali sono le pratiche commerciali considerate sempre aggressive?Sono considerate sempre aggressive, e quindi vietate, tra le altre, le seguenti pratiche commerciali (art. 26):
  • creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto;
  • effettuare visite presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale;
  • effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza, fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale.
  1. Qual è l’autorità competente in tema di pratiche commerciali scorrette?

    L’autorità competente ad intervenire per le condotte che costituiscono pratiche commerciali scorrette nei rapporti tra professionisti e consumatori è l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (art. 27).
  2. Quali sono i poteri dell’Autorità?L’Autorità, d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti, applicando le sanzioni previste (art. 27, comma 2).

    In particolare, l’Autorità, se ritiene la pratica commerciale scorretta, vieta la diffusione, qualora non ancora portata a conoscenza del pubblico, o la continuazione, qualora la pratica sia già iniziata. Con il medesimo provvedimento può essere disposta, a cura e spese del professionista, la pubblicazione della delibera, anche per estratto, ovvero di un’apposita dichiarazione rettificativa, in modo da impedire che le pratiche commerciali scorrette continuino a produrre effetti (art. 27, comma 8).

  3. L’Autorità può adottare provvedimenti d’urgenza?

    L’Autorità può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussiste particolare urgenza (art. 27, comma 3).

  4. Il consumatore leso può rivolgersi al Giudice?

    I consumatori lesi da pratiche commerciali sleali possono altresì rivolgersi al giudice ordinario al fine di ottenere, ad esempio, il risarcimento del danno subito e la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, tenuto conto della gravità e della natura della pratica commerciale sleale, del danno subito e di altre circostanze pertinenti (art. 27, comma 15-bis).

  5. Che cos’è l’impegno del professionista?

    Ad eccezione dei casi di manifesta scorrettezza e gravità della pratica commerciale, l’Autorità può ottenere dal professionista responsabile l’assunzione dell’impegno di porre fine all’infrazione, cessando la diffusione della stessa o modificandola in modo da eliminare i profili di illegittimità. L’Autorità può disporre la pubblicazione della dichiarazione dell’impegno in questione a cura e spese del professionista. In tali ipotesi, l’Autorità, valutata l’idoneità di tali impegni, può renderli obbligatori per il professionista e definire il procedimento senza procedere all’accertamento dell’infrazione (art. 27, comma 7).

  6. Quali sono le sanzioni previste?

    L’Autorità dispone l’applicazione delle seguenti sanzioni amministrative:

  • con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, da 5.000 euro a 10.000.000 euro, tenuto conto, tra l’altro, della gravità e della durata della violazione;
  • da 10.000 a 10.000.000 euro in caso di inottemperanza ai provvedimenti d’urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti nei casi di reiterata inottemperanza, l’Autorità può disporre la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non superiore a trenta giorni;
  • per le infrazioni che interessano più di uno Stato membro dell’UE, l’importo massimo delle sanzioni è del 4 per cento del fatturato annuo del professionista.
  1. A chi si può proporre ricorso avverso le decisioni adottate dall’Autorità?Le    decisioni    dell’AGCM    sono    soggette    alla    giurisdizione    esclusiva    del    giudice amministrativo.