Reg. 1169/2011 – Etichettatura alimenti – Dal 1° aprile 2020 in vigore Regolamento su obbligo origine “ingrediente primario”

Ulteriori chiarimenti

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Etichettatura Alimenti

A partire dal 1° aprile 2020 si applicherà il Regolamento UE n. 2018/775 concernente l’indicazione d’origine dell’ingrediente primario di un alimento. Con la presente, si intendono fornire ulteriori elementi di chiarimento circa la corretta applicazione della normativa comunitaria.

Il provvedimento in oggetto disciplina l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario di un alimento quando questa sia diversa dall’origine indicata per l’alimento con qualunque mezzo come diciture, illustrazioni, simboli o termini che si riferiscono a luoghi o zone geografiche. (art. 1, par. 1).
Ai sensi dell’art. 26, par. 3, del reg. 1169/2011, l’indicazione di origine dell’ingrediente primario (o l’indicazione che questo ha un’origine diversa rispetto a quella dell’alimento) è obbligatoria nel caso in cui il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’alimento sia indicato (ad esempio in etichetta etc.) ma non sia lo stesso di quello dell’ingrediente primario.
Il regolamento 1169/2011 identifica l’ingrediente primario attraverso due criteri; quello quantitativo, in cui viene definito primario l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento e quello qualitativo che, invece, considera primario “l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento (…) che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali, nella maggior parte dei casi, è richiesta un’indicazione quantitativa’ (reg. UE 1169/11, art. 2.2.q)”.
Il regolamento 775/2018, stabilisce che l’indicazione dell’ingrediente primario viene fornita con riferimento a una delle seguenti zone geografiche (art. 2):

  • “UE”, “non UE” o “UE e non UE”;
  • una regione o altra zona all’interno di diversi Stati membri o paesi terzi, purché sia definita tale dal diritto internazionale o comunque ben chiara per il consumatore medio;
  • uno o più Stati membri o paesi terzi;
  • una regione o altra zona geografica all’interno di uno Stato membro o paese terzo, purché sia ben chiara per il consumatore medio;
  • il paese d’origine o il luogo di provenienza secondo le specifiche disposizioni dell’Unione applicabili agli ingredienti primari in quanto tali;
  • oppure utilizzando una dicitura quale: “(nome dell’ingrediente primario) non proviene/non provengono da (paese d’origine o luogo di provenienza dell’alimento)” o utilizzando una formula di significato equivalente per il consumatore.

Il 31 gennaio scorso la Commissione europea ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea C/32/1 una comunicazione volta a chiarire le disposizioni contenute nell’articolo 26, par. 3, del reg. 1169 e nel regolamento 2018/775, per fornire ai cittadini, agli operatori del settore e alle autorità alcuni orientamenti sull’applicazione delle disposizioni, affrontando una serie di questioni che di seguito riportiamo sommariamente (Allegate alla precedente Circolare prot. 520 dello scorso 27 marzo).

Con riferimento all’ambito di applicazione dell’art. 26, par. 3, del regolamento 1169/2011 la Commissione chiarisce che, in merito al riferimento dell’operatore del settore alimentare, il nome/la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare apposti su un’etichetta non costituiscono un’indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza del prodotto alimentare.
Tuttavia, tali informazioni potrebbero essere ricomprese nell’ambito di applicazione del suddetto art. 26, nel caso in cui il paese d’origine o il luogo di provenienza reali dell’alimento siano chiaramente evidenziati sull’imballaggio e laddove il paese di origine o il luogo di provenienza specifici siano stati riportati in maniera visibile e tale origine non corrisponda a quella dell’ingrediente primario dell’alimento.
In tal caso le Autorità nazionali dovrebbero sempre tenere in considerazione tutte le informazioni contenute in etichetta.

Nella Comunicazione si evince anche che i nomi commerciali contenenti indicazioni geografiche, i quali costituiscono marchi d’impresa non registrati, ricadono nell’ambito di applicazione del regolamento di esecuzione, oltre ad essere soggetti agli obblighi derivanti dall’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento.

In merito alle denominazioni dell’alimento, la comunicazione precisa che le denominazioni usuali e generiche contenenti termini geografici che indicano letteralmente l’origine, ma la cui interpretazione comune non è un’indicazione dell’origine o del luogo di provenienza dell’alimento, non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento di esecuzione, sempre che tali indicazioni non creino nel consumatore la percezione di una specifica origine geografica del prodotto.

La Commissione chiarisce anche che le denominazioni legali prescritte da disposizioni dell’Unione o da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, applicabili nello Stato membro nel quale l’alimento è venduto al consumatore finale o alle collettività, non devono essere considerate come un’indicazione dell’origine ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento, qualora il legislatore, nell’ambito dell’armonizzazione della normativa, abbia già tenuto conto dell’articolo 26, paragrafo 3 e, dunque, soddisfatto le aspettative del consumatore rispetto alle caratteristiche dell’alimento venduto.

Nell’affrontare le varie diciture che possono essere riportate in etichetta la comunicazione sostiene che tutte le diciture quali «Made in», «prodotto in» e «prodotto di» seguite da un’indicazione geografica devono essere considerate un’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza di un alimento. Allo stesso modo la dicitura «prodotto di (paese)» in genere fa pensare al consumatore che si tratti di un’indicazione dell’origine ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento. Inoltre, è anche probabile che l’espressione «prodotto di» suggerisca al consumatore che l’intero prodotto alimentare, compresi i suoi ingredienti, proviene dal paese indicato sull’etichetta.

Non vengono, invece, considerate come indicazione di origine o di luogo di provenienza le diciture «confezionato in», che indica il luogo in cui il prodotto è stato confezionato, così come le diciture quali «genere», «tipo», «stile», «ricetta», «ispirato a» o «alla» che, solitamente, si riferiscono alla ricetta o a caratteristiche specifiche dell’alimento o della sua trasformazione; anche in questi casi la Commissione richiede una valutazione complessiva di tutte le componenti dell’etichetta prodotto.
Allo stesso modo non vengono considerate come indicazione di origine tutti gli acronimi, le illustrazioni o altre diciture aggiuntive, apposte sul prodotto su base volontaria al solo scopo di aiutare i consumatori ad individuare la propria lingua sulle etichette multilingue.

Un simbolo nazionale o i colori della bandiera dovrebbero essere, invece, considerate un’indicazione dell’origine e determinare, di conseguenza, l’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento.
In tale contesto gli Stati membri dovrebbero tenere conto, in particolare, della posizione dei simboli/degli elementi grafici e verificare che l’etichettatura nel suo complesso non crei confusione nei consumatori per quanto riguarda l’origine dell’alimento.

Nel caso in cui sulle etichette degli alimenti, oltre alle indicazioni geografiche protette, escluse dall’ambito di applicazione del regolamento in esame, siano presenti anche altre indicazioni supplementari quali, ad esempio, indicazioni visive, comprese quelle che si riferiscono agli stessi luoghi geografici o a luoghi geografici diversi, tali indicazioni rientrerebbero, invece, nell’ambito di applicazione del regolamento di esecuzione.

La Commissione affronta anche il problema legato all’interazione delle disposizioni del regolamento in oggetto con il Reg. 834/2007 in materia di alimenti biologici, precisando che ogni volta che viene utilizzato il logo UE per i prodotti biologici, non si applica l’art. 26 par. 3 del Reg. 1169, in quanto l’uso del logo UE fornisce un’indicazione del luogo di provenienza in cui sono state coltivate le materie prime agricole.

In merito all’identificazione dell’ingrediente primario, la Commissione precisa che nel fornire informazioni riguardo all’ingrediente o agli ingredienti primari di un alimento, gli operatori del settore alimentare dovrebbero tenere conto di vari elementi.
In particolare, oltre alla composizione quantitativa dell’alimento, essi dovrebbero considerare attentamente la sua natura e le sue caratteristiche specifiche nonché la presentazione complessiva dell’etichetta.
Dovrebbero, inoltre, tenere conto della percezione e delle aspettative dei consumatori riguardo alle informazioni fornite sull’alimento in questione. Gli operatori del settore alimentare dovrebbero valutare se l’indicazione dell’origine di un determinato ingrediente abbia probabilità di influenzare in misura sostanziale le decisioni di acquisto dei consumatori e se l’assenza di tale indicazione possa indurre in errore i consumatori stessi.
Nel caso in cui un alimento contenga più ingredienti primari, l’operatore dovrà indicare il paese d’origine o il luogo di provenienza di tutti questi ingredienti primari. Inoltre è possibile che un alimento non contenga ingredienti primari ai sensi del regolamento quando:

  • nessuno degli ingredienti presenti nell’alimento rappresenti più del 50% della composizione dell’alimento stesso;
  • nessuno dei suoi ingredienti sia associato abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e nella maggior parte dei casi non sia richiesta un’indicazione quantitativa.

L’articolo 26, paragrafo 3, si applica ai prodotti a base di un unico ingrediente qualora l’ultima trasformazione sostanziale del prodotto sia avvenuta in un luogo diverso da quello di origine della materia prima o qualora l’ingrediente provenga da luoghi diversi.

Inoltre, anche nel caso in cui i consumatori siano consapevoli che l’ingrediente primario di un alimento può essere reperito soltanto al di fuori dell’UE, l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario in questione deve essere comunque riportata, in quanto il regolamento non prevede alcuna deroga relativa all’obbligo di indicare il paese d’origine o il luogo di provenienza degli ingredienti primari qualora tale paese o luogo non sia lo stesso di quello dell’alimento.

La commissione chiarisce che un ingrediente primario può essere un ingrediente composto solo se rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento e se soddisfa le condizioni della definizione di ingrediente primario di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera q), del regolamento.

Il regolamento di esecuzione non prevede la possibilità di combinare, per un singolo ingrediente primario, diversi livelli geografici ivi elencati: ad esempio UE e Svizzera.
Tuttavia, gli operatori del settore alimentare potrebbero completare le indicazioni «UE» e «non UE» con informazioni aggiuntive, purché queste siano conformi ai requisiti generali stabiliti nel regolamento per quanto concerne le informazioni volontarie sugli alimenti (articolo 36 del regolamento).
In particolare, tali informazioni non dovrebbero indurre in errore o in confusione. In tale contesto gli operatori del settore alimentare potranno indicare «Svizzera» come informazione volontaria aggiuntiva ad integrazione della dicitura «non UE». Esempio: — «UE e non UE (Svizzera)» — «UE (Spagna) e non UE (Svizzera)».

Dalle disposizioni del regolamento risulta che il paese d’origine dell’ingrediente primario deve sempre essere indicato mediante parole e non prevede l’uso di codici di paese.
A tale proposito gli Stati membri devono valutare se taluni codici paese possano essere considerati parole. In particolare, un codice paese potrebbe essere accettabile a condizione che si possa ragionevolmente ritenere che i consumatori del paese di commercializzazione lo interpreterebbero correttamente e non sarebbero indotti in errore. Abbreviazioni di questo tipo potrebbero essere, ad esempio, «UK» o «USA».

Nella comunicazione la Commissione precisa che l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario deve essere presentata in maniera chiara e visibile per i consumatori, sempre nello stesso campo visivo dell’indicazione dell’origine del prodotto, comprese le bandiere. Pertanto, qualora la denominazione di vendita contenente un’indicazione dell’origine o bandiere sia ripetuta sull’imballaggio, occorrerà ripetere di conseguenza anche le informazioni riguardanti l’origine dell’ingrediente o degli ingredienti primari.

Infine, in merito alla presentazione delle informazioni obbligatorie, la Commissione chiarisce che il regolamento di esecuzione definisce i requisiti specifici per quanto riguarda la presentazione dell’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario.

In particolare, l’articolo 3 di detto regolamento stabilisce che tali informazioni devono apparire nello stesso campo visivo dell’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza dell’alimento e in caratteri la cui parte mediana (altezza della x) sia pari ad almeno il 75% di quella utilizzata per l’indicazione dell’origine dell’alimento.

Inoltre, è stabilito che, in ogni caso, le informazioni relative all’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario devono essere riportate con caratteri di dimensioni non inferiori a 1,2 mm. Appare evidente che tali indicazioni specifiche debbano essere integrate dalle disposizioni orizzontali dell’articolo 13 del regolamento, che si applicano cumulativamente.
In particolare, la Commissione richiama l’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento che prevede una deroga riguardante la dimensione dei caratteri con cui devono essere riportate le indicazioni obbligatorie nel caso di piccoli imballaggi (la cui superficie misura meno di 80 cm2).
Nel caso di imballaggi o contenitori la cui superficie maggiore misura meno di 80 cm2 l’altezza della x della dimensione dei caratteri di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione è pari o superiore a 0,9 mm.